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Il lupo perde il pelo ma non il vizio. A Telecom (Italia) piace lo straniero. Aldo Cernuto: “La confusione mentale di un brand si valuta anche da decisioni di questo tipo”

La polemica si era già innescata a fine 2010, quando l’incarico per la nuova comunicazione di Tim era stato affidato, al termine di una gara a sei, all’agenzia argentina Santo (Wpp), che poi aveva aperto uffici nel nostro Paese per seguire il conto.

La scelta aveva fatto discutere il comparto nazionale della comunicazione, che per l’ennesima volta aveva visto volare ‘capitali’ oltre confine. Ma la decisione era stata difesa ai nostri microfoni anche da Carlo Fornaro, allora direttore relazioni esterne Telecom Italia: “più di venti le proposte ma quella di Santo senza dubbio la migliore” (format incentrato su un viaggio nel passato, da Dante a Leonardo). Santo, successivamente, aveva lavorato anche per le offerte internet di Telecom.

Poi, lo scorso marzo, l’avvio di una gara a nove conclusasi il mese scorso con un nulla di fatto e ora l’apertura di un nuovo pitch, sempre per la scelta della sigla a cui affidare la comunicazione 2014, che dovrebbe essere all’insegna di un unico format per tutti i brand che fanno capo alla telco. Questa volta le strutture coinvolte sarebbero undici, di cui solo tre si fa per dire italiane trattandosi di Saatchi & Saatchi (Uk e Italia), Havas Worldwide Milan + Betc Parigi – entrambi in ogni caso network di emanazione estera -, e La Strada di Fabio Andreini (ex direttore creativo Santo Italia).

Insomma, fra la quantità di sigle coinvolte (l’accordo Upa/Assocom per le linee guida sulle gare di comunicazione private indica in 4 il numero adeguato) e la loro origine, ce n’è quanto basta per sollevare un altro polverone. E un commento, tanto per iniziare, arriva da Aldo Cernuto/Cernuto Pizzigoni & Partners (nella foto), agenzia tra l’altro accreditata nel parterre delle sigle di Telecom Italia. Cernuto parla a ragion veduta, avendo con Roberto Pizzigoni lavorato per sette anni sul brand dando vita, tra l’altro, ad alcune delle sue più belle campagne come lo spot memorabile del 2004 ispirato a Gandhi (anche Bronzo a Cannes – agenzia Y&R Italia) e nel 2008 al progetto di comunicazione integrata avoicomunicare (agenzia Y&R Brands, poi proseguito sotto la direzione creativa esecutiva di Vicky Gitto).

La confusione mentale di un brand si valuta anche da scelte di questo tipo”, ci dice. “Un brand che non si rende conto dei risvolti negativi che hanno in comunicazione decisioni così, è un brand che non sa comunicare”.

E voi, cosa ne pensate?

 

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